Nicola Nuti
Arteria è nome immaginoso, gioco di parole: circolazione vitale, fabbrica d'arte. È, più semplicemente, il nome di coloro che, al riparo postindustriale di un capannone di 600 metri quadrati, nelle vicinanze del centro storico di Prato, hanno organizzato il loro spazio creativo; come se avessero scritto sulla soglia le stesse parole di Kirchner che accoglievano una volta gli aderenti al movimento tedesco «Die Brücke»: «E dei nostri chiunque immediatamente e autenticamente riproduce ciò che lo spinge a creare». Ma Arteria non è nata in tempi di così naturale aggregazione delle forze creative; piuttosto in un'epoca di difficoltoso ripensamento dell'arte e dei moduli espressivi e a chi la frequenti si configura come una specie di isola che permette la sosta lungo la migrazione, un momento di comunanza e verifica nel corso del lavoro di ognuno. Seguire questo cantiere artistico significa dare rilievo alle circostanze dell'evento creativo nei termini di fatti organizzati in cronaca prima che in storia ed è come formarsi dei giudizi in presa diretta con l'evolversi delle opere.
Il linguaggio visivo è un insieme di norme e di abitudini, è un orizzonte illimitato, aperto all'esplorazione: racchiude in sé ogni possibile creazione visuale. E dunque lo spazio in cui l'artista si trova ad agire, un'area potenziale, aperta alla scelta, al rifiuto, all'azione, alla contestazione. In questo senso gli artisti di Arteria conducono implicitamente, seppure secondo linee ben differenziate ed autonome, un'unica ed ampia ricerca, indirizzata a verificare il linguaggio visivo come «limite iniziale del possibile» (Rolando Barthes).
Proprio il limite tra l'immagine e la sua scorporazione in luce e colori, costituisce il nucleo espressivo dell'opera di Vincenzo Lauriola. La figura, già concepita in un'essenzialità di volumi, si dissolve in un sciame di pennellate che lascia filtrare bagliori, come un passaggio di energia. Lo spazio viene così spartito in due versanti, che si danno e si costituiscono come soglia di conoscenza, ma è la linea di separazione/congiunzione che contiene la potenzialità evocativa, è questo andare incontro alla dissoluzione che apre le porte dell'immaginario.